“ALLEANZE A TUTTO CAMPO ? NON E’ L’ ORA DI ESCLUDERE”

 

 

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di Matteo Macor

Un congresso, 365 giorni e «55mila chilometri per circoli e federazioni» dopo, Davide Natale arriva al primo anno alla guida del Pd ligure. Il segretario regionale dem fa il bilancio di «un anno intenso che mi ha insegnato tanto», dice, anche del partito dove «dopo il congresso siam riusciti a far lavorare uniti maggioranza e minoranza». Una regione «vittima degli otto anni di governo Toti, non solo degli ultimi due mesi ai domiciliari», «oggi contendibile più che mai». Anche se «alle prossime Regionali non vuol dire sarà una partita facile, un rigore a porta vuota, anzi. Quando si andrà a votare si inizierà sullo zero a zero, e dobbiamo attrezzarci per vincere».

Qual è la prima cosa a essere cambiata, da un anno all’altro, la contendibilità della Regione?

«In realtà, già un anno fa vedevo la Liguria contendibile. Già un anno fa erano evidenti i fallimenti della gestione Toti, tra sanità, ambiente, la mancanza di un piano industriale e i rischi di perdere i finanziamenti del Pnrr: tutti temi sui quali non a caso abbiamo lanciato la sfida dell’ultimo anno. L’unica differenza, è che oggi la situazione in Regione è esplosa».

Avrete la ricetta pronta per governare, allora, dopo un anno.

«Le idee chiare le abbiamo, ma per poter veramente cambiare la Liguria abbiamo bisogno di andare prima a cercare quei cittadini rimasti lontani dal voto in questi anni. Anche perché la vera colpa di questo centrodestra è aver assuefatto i cittadini liguri all’idea di un futuro ineluttabile».

Ma allora perché, siete ancora a interrogarvi su quando e come iniziare il percorso da fare su alleanze, programmi, candidati?

«La Liguria non è mai stata messa male come oggi, abbiamo il dovere di provare a farla uscire dalle sabbie mobili con serietà. Ma la strada i gruppi consiliari delle forze progressiste in Regione l’hanno già imboccata: ritrovandosi sui temi, in cerca di una visione condivisa sulla base di un lavoro comune. Al vostro giornale Andrea Orlando ha parlato di lavoro per cerchi concentrici, ha ragione. Prima il campo, poi il programma, poi i nomi. Ma il cammino è già iniziato».

L’evidenza, però, è che ormai non si voterà già in autunno ma più in là, e l’impressione è che la cosa convenga non solo al centrodestra.

«Non si voterà a ottobre, non penso ci saranno i tempi ed è un male per tutti. A destra del resto contava solo non andare a votare insieme a Emilia Romagna e Umbria. Ma avremo qualche mese in più di tempo per costruire l’alternativa nel migliore dei modi. Ascoltando i territori come nessuno ha mai fatto, ad esempio. Come Pd proporremo una proposta di legge per sostenere i piccoli centri del territorio, da pensare insieme a sindaci e amministratori come un manifesto dell’entroterra e non solo».

È finito, Toti, a prescindere dalla decisione del Riesame prevista per questa mattina?

«Sta finendo il centrodestra, Toti era già finito quando all’annuncio del terzo mandato invece della “Ola” che si aspettava ha visto emergere dubbi, distinguo e “vedremo”, in modalità “Re Carlo tornava dalla guerra” di De André. Ha deluso tutte quelle forze civiche che ne hanno sostenuto l’esperienza, non solo i partiti. La Liguria ora naviga senza capitano, e il primo ufficiale può andare avanti per poco, con tutti i nodi che stanno venendo al pettine dopo otto anni».

Quali?

«Dai lavori della Diga già in ritardo di un anno ai comuni che lamentano i ritardi dei fondi del Pnrr. Problemi noti che ora pesano di più, con l’instabilità politica portata dalla inchiesta. Nel Consiglio regionale sulla sanità, pur di fingere di poter andare avanti, in maggioranza sono riusciti a presentare una proposta di potenziamento del pronto soccorso di Albenga copiata da un nostro ordine del giorno di giugno, pure con un errore di ortografia. Eccolo, il perché serve attrezzarsi per vincere».

Orlando a Repubblica ha rilanciato la disponibilità a correre da candidato presidente.

«E per noi è una grande ricchezza, ma al vostro giornale Orlando ha anche indicato con chiarezza altre due priorità: prima definire la piattaforma di una proposta di rilancio, e poi strutturarsi per essere all’altezza della sfida. Non siamo quelli del no, siam del sì ma bene».

Sarà un campo largo anche più largo, come teorizzato da Orlando?

«Anche Elly Schlein ha detto che è finita l’epoca dei veti, e serve iniziare a essere testardamente unitari. Ecco, chi mi conosce sa che sono molto testardo e convintamente unitario. La coalizione va formata con chi vuole essere alternativo al totismo, e sostenere un sistema nuovo, di trasparenza, partecipazione e lotta alle disuguaglianze».

Sui centristi, Azione e soprattutto Italia Viva, c’è già chi ha i suoi dubbi.

«La coalizione dovrà essere inclusiva. Con IV c’è stato a livello nazionale un riavvicinamento in tema di riforme, a livello locale non c’è interlocuzione anche perché sostengono la destra a Genova, ma è vero che a Savona governiamo insieme. Siamo in emergenza, non solo per questi due ultimi mesi ma per gli otto anni di Toti: non è il momento di escludere o perdersi in schemi di gioco».

Quali saranno, però, i prossimi passi di costruzione del campo?

«Dopo l’estate inizieremo il lavoro politico di confronto, ma c’è ancora l’idea di fare una manifestazione per tenere insieme la lotta contro le riforme e il caso ligure. Vedremo se farla prima dell’estate o dopo, ma servirà anche come primo passo per definire il campo».

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