“Con i moderati si può costruire ma no ai veti sui nomi”

Da La Repubblica

di M.Macor

«La ragione è semplice, ed è che in un centrodestra che è sempre più destra-centro i moderati sono gli elettori più delusi, e cercano nuovi spazi».

Cosa sta succedendo, Natale? A Genova i civici si sfilano dal centrodestra per guardare a sinistra, nel Pd nascono nuove correnti cattodem..

«Sta succedendo che i moderati che negli anni sono stati ammaliati dalle sirene del centrodestra, oggi sono i più delusi di tutti. A destra si sentono schiacciati, in tanti non sono più andati a votare. E per forza di cose sono portati a cambiare gli equilibri. I gruppi dirigenti capiscono gli spazi politici che si creano e cercano di coprirli, gli elettori tornano a interessarsene».

Quanto è un rischio e quanto un’opportunità, per il Pd perennemente in cerca di una sintesi tra le sue anime, questo rifiorire di cantieri centristi?

«Quando ne finiremo la costruzione, mettendo l’ultimo tegolo al tetto della casa comune, ci renderemo conto che il nostro partito è una casa confortevole per tutti. Invito a cercarne una migliore, quelli che nel nostro schieramento pensano di non potersi sentire rappresentati dal Pd perché troppo moderati. Capisco tutto, ma eviterei di pensare troppo ai posizionamenti interni, con i problemi che ci sono nella società».

L’hanno detto anche le ultime tornate elettorali: al centro non si vincerà, ma col centro è più facile vincere. È così?

«Qualsiasi tornata si vince con un progetto chiaro. E in questo schema credo ci si possa ritrovare tra forze tradizionali della sinistra e moderate. La spinta delle forze civiche moderate che sta emergendo su Genova, penso possa dimostrare che costruire qualcosa di importante è possibile».

Che perimetro avrà, la coalizione progressista alle elezioni, a Genova?

«Mi pare che più passi il tempo, e più aumenta il numero di realtà che vogliono essere della partita. Il lavoro impostato sul territorio è importante, e anche per questo mi verrebbe da dire che meriterebbe più rispetto. Più che veti sui propri candidati».

Allude ai “no” su alcuni dei nomi proposti dal Pd, fuori e forse anche dentro il partito?

«Sì, Alessandro Terrile è uno dei migliori dirigenti politici su cui possa contare il Pd ligure. Sono stanco di leggere di possibili alleati che si mettono a dare patenti di capacità di rappresentare la società. E non farei l’errore di mettere a priori veti, davanti al la possibilità di chiudere l’esperienza del centrodestra in città».

Cosa pensa possa insegnare, in vista delle elezioni genovesi, la fase politica appena avviata in Regione?

«Marco Bucci è un mix tra il re di Collodi e Napoleone. Mi ha colpito molto, in questi mesi. Son bastate quattro sedute del Consiglio per capire il personaggio».

In che senso?

«Penso alla leggerezza con cui ha usato soldi pubblici per darli a consulenti e finti commissari, in un momento così difficile per la regione. Ma anche il modo con cui evita di guardare al futuro, per lavorare esclusivamente per il quotidiano: vale per il buco di bilancio della Sanità, o la gestione Amt da sindaco. O ancora il modo con cui non riesce a sostenere il confronto democratico: è completamente allergico al dialogo, e l’ha pagato nella città che ha amministrato».

Però le Regionali le ha vinte. Vi basteranno, i 18 mila voti in più presi a Genova dal centrosinistra a ottobre, per vincere le Comunali?

« Se Bucci ha perso nella sua città, tre mesi fa, vuol dire che c’è voglia di cambiamento. E noi dobbiamo rappresentarla».

Condividi l'articolo: